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Navigare in Croazia
con fattura alla mano


15-07-2014

Obbligo di dimostrare il pagamento dell'Iva sulla barca per chi entra in acque croate. Esibendo la ricevuta di acquisto o un documento doganale (T2L). E nasce un nuovo business ai danni dei diportisti.

Navigare in Croazia
con fattura alla mano

Per i velisti che scelgono di navigare in Croazia, la burocrazia diventa sempre più asfissiante. Dopo la lista di equipaggio, la tassa di soggiorno e l'imposta di navigazione, adesso chi entra in acque croate deve anche avere la fattura d'acquisto della barca, per dimostrare di avere pagato l'Iva.
La notizia, che ha cominciato a circolare nel mese di giugno, è stata confermata ufficialmente solo da pochi giorni. A riportarla è uno scarno comunicato sul sito italiano dell'Ente Nazionale del Turismo Croato: “Ogni imbarcazione che entra nel territorio doganale dell'Unione europea può essere soggetta al controllo delle autorità doganali, croate, o di qualsiasi altro Stato membro dell'UE. Pertanto, si ricorda che i residenti UE sull’imbarcazione dovranno avere sempre i documenti comprovanti che, per l’imbarcazione specificata, sono stati pagati i dazi doganali e/o l’IVA in uno stato membro dell'Unione Europea”.

Poche righe, che però hanno gettato nel panico le centinaia di diportisti che si accingono a mettere la prua verso la sponda opposta dell'Adriatico. Come dimostrare, infatti, di avere versato l'Iva? A spiegarlo è lo stesso comunicato, che prevede tre  modi per attestare di avere assolto l'imposta:
- disporre della ricevuta di acquisto della barca, in originale;
-avere un documento doganale del tipo “T2L”;
-disporre di altri documenti ufficiali che confermino il pagamento dell'Iva.
Ora, se presentare la fattura di acquisto è abbastanza semplice per chi ha comprato direttamente (e recentemente) un'imbarcazione, risalire a questo documento può diventare uno scoglio insormontabile per chi ha una barca di seconda mano. Infatti, il comunicato croato specifica che “la proprietà e la bandiera che batte l’imbarcazione, non sono prove del fatto che una determinata imbarcazione ha lo status di merce comunitaria”. La Licenza di Navigazione, quindi, a questo fine non serve.

Un parziale aiuto ai diportisti può però venire dalla seconda opzione, il modello “T2L”. Si tratta di un documento utilizzato negli scambi di merce tra paesi dell'UE (quando è previsto il transito in una nazione che non fa parte della comunità europea), che attesta il versamento delle imposte dovute. È rilasciato dagli uffici dell'Agenzia delle Dogane. E proprio dall'Ufficio delle Dogane di Venezia, che proabilmente è stato preso d'assalto dai diportisti in questi giorni, è arrivata l'11 luglio una lunga circolare (“Rilascio T2L per le unità da diporto”) che spiega chi può ottenere il documento per il via libera in Croazia e come chiederlo.

Per le imbarcazioni, sia nuove che acquistate usate, non ci sono problemi: è sufficiente presentare la fattura di acquisto dello scafo o anche solo la Licenza di Navigazione e compilare un'atto di notorietà in cui si attesta l'avvenuto assolvimento degli obblighi di carattere fiscale per la barca.
Per i natanti, invece, per avere il lasciapassare “T2L”, in assenza della fattura di acquisto, serve comunque presentare “idonea” documentazione che dimostri l'assolvimento dell'Iva. A questo fine, per le unità che precedentemente sono state immatricolate, è per esempio considerato valido l'“estratto del Rid”, rilasciato dall'autorità marittima dove era iscritta la barca. Nulla da fare per le altre.
Insomma, quest'anno le nuove norme hanno trasformato la vacanza in barca in Croazia in un percorso a ostacoli. E stanno anche alimentando nuovi affari ai danni dei diportisti, se è vero che diverse agenzie nautiche del Nord Est si sono attivate per effettuare pratiche doganali “T2L” con costi dai 200 ai 300 euro. Che sia meglio cambiare rotta?

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