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Il disastro della Concordia
morti e dispersi per un "inchino"


14-01-2012

All'origine del disastro che nella notte di venerdì 13 gennaio ha visto naufragare una nave da crociera in prossimità dell'Isola del Giglio, una manovra azzardata sotto costa per salutare a colpi di sirena un ex co­man­dan­te del­la Co­sta Cro­cie­re.

Il disastro della Concordia
morti e dispersi per un "inchino"

Saranno i giudici a stabilire le responsabilità del disastro accaduto nella notte di venerdì 13 gennaio alle 21,42 quando la nave Concordia, mastodonte turistico di 290 metri della Costa Crociere in navigazione lungo la rotta da Civitavecchia a Savona, ha naufragato 150 metri al largo del porto dell'isola del Giglio dopo avere urtato un scoglio a una velocità stimata di 16 nodi. La nave avrebbe immediatamente imbarcato acqua coricandosi su un fianco prima di 20, poi di 60 gradi.
Gli ordini impartiti dal comandante dopo l'impatto, le comunicazioni con la Capitaneria di porto e con i soccorritori, la rotta percorsa, gli orari e la posizione esatta nelle varie fasi del drammatico incidente sono tutte contenute nella scatola nera della nave.

Nel frattempo si contano le vittime: tra i 4.231 passeggeri al momento in cui scriviamo queste note sono 7 i morti e 15 i dispersi alla cui ricerca stanno ancora lavorando la Guardia Costiera di Livorno, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e Marina Militare, Vigili del Fuoco.
A questo si aggiunge il disastro ambientale annunciato per le 2.200 tonnellate di carburante contenute nei serbatoi e che ora rischiano di riversarsi in mare.
Cosa ci facesse una nave alta come un grattacielo a poche bracciate dalla costa è presto detto. Strin­ge­re ver­so l’im­boc­co del por­to del Gi­glio è un'usanza a quanto pare consolidata: la nave con la prua a non più di 150 me­tri dal­la sco­glie­ra emette tre squilli con le sirene a cui regolarmente dal porto farebbero eco trombe e petardi. Un'azione spettacolare che avrebbe il proposito di ammaliare il pubblico; ma anche un saluto, o meglio un “inchino” che d'abitudine il comandante della Concordia Fran­ce­sco Schet­ti­no rivolge al­l’am­mi­ra­glio Ma­rio Te­ren­zio Pa­lom­bo, ex co­man­dan­te del­la Co­sta Cro­cie­re di casa proprio nella piccola isola dell'arcipelago toscano.

Secondo una prima ricostruzione dei fatti ci sarebbero dunque gravissime negligenze da parte dello Schet­ti­no che, oltre all'azzardo di questa manovra, avrebbe tardato almeno un'ora a chiedere i soccorsi. L'allarme sarebbe stato infatti lanciato da una passeggera che alla richiesta da parte del personale di bordo a indossare il giubbotto di salvataggio, avrebbe avvertito telefonicamente la madre, a Prato. Questa a sua volta avrebbe allertato i Carabinieri e di qui l'S.o.s “fai-da-te” avrebbe raggiunto la Capitaneria di Porto di Livorno, che avrebbe contattato la Concordia ricevendo però rassicurazioni: “È tut­to a po­sto – avrebbe dichiarato Schettino-. Ab­bia­mo avu­to un pic­co­lo black-out, ma ora stia­mo ri­pri­sti­nan­do”. Un controllo dei dati forniti dall'Ais (Au­to­ma­tic Iden­ti­fi­ca­tion Sy­stem) avrebbe però rivelato che la nave si spo­stava a 6 no­di a ri­dos­so del Gi­glio con la prua ri­vol­ta nella di­re­zio­ne op­po­sta a quel­la del­la rot­ta per Sa­vo­na. Solo dopo ulteriori richieste di chiarimenti da parte della Guardia Costiera, poco prima delle 23, Schet­ti­no avrebbe ammesso il disastro e lanciato il mayday.

Nel frattempo l'equipaggio riceveva prima l'ordine di raccolta in uno dei ponti della nave, poi di tornare in cabina, quindi di indossare il salvagente. Il panico creatosi a bordo ha spinto alcuni, soprattutto donne, bambini e disabili, a gettarsi in mare con l'acqua a 6 gradi, mentre altri riuscivano a imbarcarsi sulle scialuppe di salvataggio e a trovare riparo al Giglio. I superstiti hanno denunciato la totale disorganizzazione a bordo, l'incompetenza del personale, incapace per altro di comunicare in inglese ai turisti stranieri imbarcati, la carenza di giubbotti di salvataggio, probabilmente stivati in zone irraggiungibili a scafo inclinato.
Dati i potenti mezzi oggi a disposizione tra radar, gps, chartplotter è improbabile ipotizzare altro che un errore umano. Il Comandande Schettino mentre a bordo si consumavano le fasi finali del dramma, aveva trovato riparo insieme al primo ufficiale in plancia, Ciro Ambrosio, su una scialuppa e sarebbe stato a osservare, inerme, malgrado l'invito della Capitaneria di porto a risalire a bordo per coordinare le procedure di evacuazione. I due, tratti in arresto appena sbarcati al Giglio, sono indagati i reati di omicidio colposo plurimo, naufragio, disastro colposo e abbandono della nave. 

Punire i responsabili è d'obbligo. Ma è evidentemente necessaria una regolamentazione rigorosa del traffico marittimo affinché queste città galleggianti siano obbligate a tenersi a distanza di sicurezza dalla costa. Un natante per navigare a oltre 10 nodi deve tenersi ad almeno 500 metri dalle coste rocciose a 1.000 dalla spiagge. È inammissibile che una nave di 114.000 tonnellate possa sfrecciare a 16 nodi a 150 metri dalla terraferma. 

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