Lanciato nel 2017, il progetto guidato dall’Organizzazione Idrografica Internazionale intende creare una mappa condivisa dell’intero sottosuolo marino. A febbraio si è unito al progetto anche l'esteso stato dell’oceano Pacifico
Ci sono più dati dettagliati sulla topografia della Luna e di Marte che dei nostri oceani. Ad oggi, infatti, meno del 20% del suolo oceanografico è mappato, e in prevalenza lungo le coste. Il progetto Seabed 2030, incluso fra le Azioni del Decennio del Mare internazionale, è guidato dall’Organizzazione Idrografica Internazionale, supportato dalla Nippon Foundation ed ha come scopo coprire il restante 80%, per creare una mappa condivisa dell’intero oceano.
A febbraio lo stato di Kiribati si è unito al progetto Seabed 2030, segnando un’importante passo in avanti nell’ambizioso obiettivo. Lo stato nell’oceano Pacifico, infatti, conta 30 isole che sono talmente distanti tra di loro, da formare una Zona Economica Esclusiva più grande dell’intera India e nelle cui acque si pescano 700.000 tonnellate di tonno all’anno, più che in quelle di qualsiasi altro Paese al mondo.
Perché è importante mappare il suolo oceanografico? Innanzitutto, per capire gli schemi di circolazione che influenzano il clima, le correnti, il trasporto dei sedimenti, la propagazione delle onde, degli tsunami e i pericoli geologici sottomarini. Poi per la sicurezza e la salute economica globale, in quanto la cosiddetta Blue Economy, legata al mare e alle sue risorse, è valutata a 1.5 trilioni di dollari all’anno. La conoscenza degli ecosistemi marini che abitano i fondali oceanici va anche beneficio dell’approvvigionamento alimentare per quei circa 3 miliardi di persone per le quali il pesce costituisce la principale risorsa proteica. Le fonti di energia rinnovabile infine, come quella generata dalle onde, è considerata inoltre una risorsa sempre più fondamentale da sfruttare.
Oltre che ai singoli stati, per raggiungere il suo ambizioso obiettivo, il progetto Seabed 2030 si affida anche alla condivisione dei dati raccolti dalle imprese private, come le grandi società di ingegneria e ricerca offshore.
(Francesca Pradelli)