Concessa la sospensione condizionale della pena all'armatore del semicabinato a motore che impattando nel 2021 la barca del medico 69enne ne causò la morte. La lettera amareggiata della moglie Elena Rizzi
Sabato 29 maggio 2021 Alberto Filosi, medico 69enne di Legnano moriva a circa mezzo miglio dal marina di Portisco, nella Baia di Cugnana (Olbia). Stava navigando con la moglie sul suo Bénéteau di 12 metri Sea Fever, prima d'essere catapultato in mare a seguiro della collisione con Argo I, semicabinato di 12 metri di proprietà del bergamasco Luigi Zambaiti, che si trovava a bordo con altri 3 passeggeri. Ferita la moglie, successivamente portata in stato di choc dai soccorritori all’ospedale di Olbia.
A quei drammatici fatti è seguito un processo la cui sentenza, pubblicata oggi dal Tribunale di Tempio Pausania, sospende la pena e mantiene pulita la fedina penale allo Zambaiti pur essemdo questi indagato per una serie di contravvenzioni sulle disposizioni di legge in materia di sicurezza della navigazione in mare, tali da causare la morte del velista.
Affranta ci scrive Elena Rizzi, la moglie di Filosi, la cui lettera pubblichiamo integralmente a seguire.
Buongiorno, sono Elena Rizzi, vedova del velista Alberto Filosi (fedelissimo abbonato di Bolina) che perse tragicamente la vita in un incidente nelle acque antistanti Portisco, in Sardegna il 29 maggio del 2021.
È stata emanata la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania, sentenza che mi ha lasciata profondamente amareggiata. Ve la allego insieme ad un mio scritto che spero possiate pubblicare.
Stai navigando a vela con il compagno di una vita in una tranquilla mattina di fine maggio del 2021 lungo un tratto di costa sarda tra Liscia Ruja e l’sola dei Soffi. Il mare è calmo, la visibilità ottima, una leggera brezza gonfia le vele, non si vedono imbarcazioni all’orizzonte. Ma improvvisamente, da dritta, un grosso motoscafo si avvicina a velocità sostenuta e sembra non accorgersi della vela sulla sua rotta. Sono vani i tentativi di evitare la collisione da parte della barca a vela che il motoscafo centra in pieno salendo letteralmente sulla sua poppa, attraversandola e colpendo e trascinando in mare il timoniere provocandone così la morte e causando anche lesioni gravi all’altro componente dell’equipaggio.
La persona uccisa si chiamava Alberto Filosi ed era marito e padre amatissimo nonché medico stimato
La persona ferita sono io.
Il conducente del motoscafo si chiama Angelo Gino Zambaiti ed è un noto industriale bergamasco.
La procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania stabilirà che "il comandante del motoscafo contravveniva ad una serie di disposizioni di legge in materia di sicurezza della navigazione contenute nel regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare e segnatamente che non teneva in debito conto tutti i pericoli della navigazione ed i rischi di abbordaggio, non manteneva un servizio di vedetta visiva (in pratica non era ai comandi), non manteneva una velocità di sicurezza (procedeva a 20 nodi), non manovrava allo scopo di evitare l’abbordaggio e provocava la morte per shock traumatico acuto di Alberto Filosi e lesioni personali gravi ad Elena Rizzi”.
Aggiungo che non solo dall’imbarcazione a motore nessuno si è interessato delle mie condizioni, né tantomeno ha cercato di avvicinarsi per prestarmi soccorso, ma in due anni nessuno ha mai trovato il modo di scusarsi per quanto accaduto o di conoscere le mie condizioni di salute.
L’imputato, tramite i suoi avvocati, chiede il patteggiamento a 1 anno, 11 mesi, 23 giorni di reclusione con la sospensione condizionale della pena e non menzione. In prima battuta il Giudice non concede il patteggiamento e chiede un riesame della vicenda. Siamo a dicembre 2022. Nel frattempo viene nominato un altro Giudice che il 6 giugno di quest’anno, a due anni dall’incidente, esprime parere favorevole e viene stabilito che “in considerazione della natura e delle modalità del fatto e della personalità dell'imputato oltre che dello stato di incesuratezza, possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche ed al medesimo può essere riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena ed anche quella della non menzione nel certificato penale".
Questa totale impunità mi ha lasciata profondamente amareggiata e delusa nei confronti della giustizia. La mia esistenza è stata completamente stravolta da questo incidente ed ora è come se nulla fosse accaduto.
Se l’omicidio nautico venisse finalmente equiparato all’omicidio stradale forse questa vicenda avrebbe avuto un epilogo diverso. Ma non ne sono così convinta.
Elena Rizzi