Omaggio a Danilo Cattadori
fondatore dell'Alpa di Offanengo
È scomparso il 6 agosto il creatore del cantiere che dal 1959 diede i natali a barche storiche disegnate da progettisti come Van De Stadt, Olin Stephens e John Illingworth.
Danilo Cattadori fondatore nel 1956 del cantiere Alpa, Azienda lavorazioni plastiche ed affini è scomparso lo scorso 6 agosto. Fu grazie alla sua intraprendenza che l’Europa conobbe per la prima volta l’applicazione della vetroresina in ambito nautico. Una vera rivoluzione. La sua prima creatura fu un Flying Duchtman costruito in vetroresina, una deriva che avviò ed ancora avvia moltissime persone alla vela. Tante altre barche mitiche uscirono dal Cantiere tra cui l’Alpa 6.70 Dodi, l’Alpa 9.50, l’Alpa 11.50 e l’Alpa 12.70.
Cattadori riuscì a lavorare con i migliori designer dell’epoca. Da Van De Stadt a Olin Stephens fino a John Illingworth. Nomi che nel panorama della vela internazionale non hanno certamente bisogno di alcuna presentazione. Quello che colpisce della storia di Cattadori sono però i numeri: 22.000 barche prodotte, un cantiere in grado di completare una barca collaudata in vasca ogni tre giorni per quanto riguarda la linea dell’Alpa 9.50 e dell’Alpa 11.50 e la costruzione nel 1963 della barca a vela più grande d’Europa (lunga “solo” 15 metri).
L’apporto del Cattadori alla nautica è assimilabile a quello di Henry Ford all’automobilismo. L’Italia viveva un periodo di boom economico e la nautica da diporto stava diffondendosi sempre più. Il concetto dell’andare per mare per piacere e diletto era nuovo lungo le nostre coste. Le barche prodotte dal Cantiere Alpa rispondevano proprio a questa nuova necessità. Un prodotto semplice e solido. Robusto e duraturo. Le barche del cantiere Alpa erano (sono, ndr) costruite per navigare e per far divertire l’armatore e il suo equipaggio in sicurezza. Un concetto, quello del divertimento in sicurezza, che negli anni si sta perdendo nella vela. Sono sempre meno le barche in grado di garantire buone prestazioni ma al tempo stesso anche solidità e sicurezza. Lo stesso Cattadori diceva che le sue barche sarebbero durate più di cent’anni.
La storia di Cattadori e del cantiere Alpa si concluse però nel peggior modo. La crisi che colpì il mercato nautico e alcuni dissapori tra il Cattadori e le maestranze lo portarono ad abbandonare il cantiere che, pochi anni dopo, chiuse definitivamente i battenti. Restano però presenti in tutte le barche che ancora oggi solcano i mari di tutto il mondo quelli che erano i “marchi di fabbrica” del cantiere Alpa: l’alta qualità della costruzione, l’attenzione per i materiali e l’amore per il mare.
Quella di Cattadori e dell’Alpa rappresenta una storia tutta italiana. In questo genere di storie il lieto fine non è però previsto. Quello che rimane del Cantiere giace abbandonato in un capannone in attesa forse di un imminente smaltimento.
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