aprile2025
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Vela, armonia tra sé e mondo


10-07-2023

L'andar per mare ha un obiettivo primario: l'equilibrio tra ciò che si fa e il motivo per cui lo si fa. Ce ne parla Simone Perotti

Vela, armonia tra sé e mondo
È sempre affascinante osservare come tutti noi tendiamo a concentrare, a chiudere, a settorializzare. Lo fanno gli appassionati di moto, che vedono tutto in funzione delle loro due ruote. Lo fanno gli amanti della pesca, della bicicletta, del parapendio, del trekking, dei francobolli… Chiunque. Anche gli appassionati di vela.
Gabriele d’Annunzio aveva coniato una definizione molto acuta, e polemica se vogliamo, applicandola ai bibliofili: “Sono quelli che preferiscono i libri alla letteratura”. Io, meno poeticamente, chiamo questa settorializzazione un po’ maniacale: “confondere lo strumento col fine”.
 
L’obiettivo, che lo vogliamo o no, che ne siamo consapevoli o meno, è per tutti l’armonia, l’equilibrio. Cioè stare bene dentro e fuori, da soli e con gli altri, riducendo i bisogni (per non essere schiavi) e aumentando i desideri (che non possiamo realizzarli non ci fanno stare male, come i bisogni. Semmai il nostro desiderio aumenta). 
Certamente, per alcuni (come tanti qui) questa ricerca è impossibile senza il mare. E possibilmente, senza navigarci sopra, senza issare una vela, senza tracciare una rotta. Il viaggio inizia sempre in una fredda notte invernale, sotto una lampada da tavolo, guardando una carta nautica mentre fuori piove e soffia un vento maligno. Quella burrasca in terra consiglia di non muoversi, ma proprio per questo, vincendo paure e ritrosie, immagineremo una bella giornata di sole e brezza per mollare gli ormeggi. Perché? Per andare dove, immaginiamo quel giorno? Per fare che?
 
Non molte delle passioni più diffuse sono così metaforiche. Nella vela, è proprio la ricerca dell’equilibrio a far andare avanti lo scafo: centro di gravità, centro velico. Non è un caso che perfino la nomenclatura nautica sia formata da coppie di termini (dritta sinistra, prua poppa, coperta e sottocoperta, sopravvento e sottovento…) a riconferma della necessità di un bilancio in pareggio tra opposti. Quando il punto di applicazione delle varie forze di gravità è “in linea” con la sintesi vettoriale dei punti di applicazione della forza esercitata dal vento su vela e scafo, allora si naviga. Quando il centro di gravità eguaglia o supera in altezza il centro velico, abbiamo scuffiato.
Metafora estremamente interessante, che impone al navigatore di “occuparsi” dell’equilibrio costantemente, al timone, con le drizze, con le scotte, perfino quando si ferma, con le cime. 
 
Chi preferisce i libri alla letteratura (o la barca alla navigazione, o la moto al viaggio) si sta occupando di equilibrio? Cerca un bilancio accettabile tra ciò che fa e il motivo per cui lo fa?
A bordo, poi, c’è anche un altro potenziale perturbante: l’equipaggio. Chi preferisce la barca al viaggio, generalmente, lo considera una scocciatura inevitabile. Mentre è anch’esso parte dell’equilibrio. Ricordo di aver attraversato un grande mare con un comandante che non si occupava troppo del suo equipaggio. Quando siamo arrivati, dopo quasi tre settimane in altura, sono sbarcato mentre ancora stavamo ormeggiando.
 
La vela offre straordinarie speranze a ognuno di noi (parafrasando C. Colombo, che lo diceva del mare). La prima è spingerci a non innamorarci troppo degli strumenti, che siano un winch o la barca tutta, prediligendo sempre la vita, gli incontri, la natura, le storie (includendo in ciò anche il winch e la barca). 
Auguro dunque, principalmente a me e a Mediterranea (che in questi giorni è salpata per il suo lungo viaggio annuale, sei mesi tra Chioggia a Kyssamos (Creta) facendo ricerca, navigazione e progetti culturali e scientificI) di non perdere mai di vista la cosa più utile, raffinata, profonda e ricca che il mare tenta di insegnarmi da decenni. Che non è la rotta. Ma la ricerca dell’armonia tra me e il mondo. 
 
(Simone Perotti)

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