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Greenpeace a vela
per perlustrare l'Adriatico


23-06-2021

Attivisti e scienziati hanno preso il largo da Ancona a bordo del Baltic 51 Bamboo per la terza spedizione in Mediterraneo che proseguirà fino al 10 luglio

Greenpeace a vela
per perlustrare l'Adriatico
Greenpeace ha ripreso il largo per la terza spedizione in Mediterraneo. Un team di attivisti, ricercatori e tecnici, ha mollato gli ormeggi da Ancona il 21 giugno a bordo del 16 metri Bamboo, il Baltic 51 del 1985 appartenente all'associazione Exodus che fa capo a Don Mazzi, con l'obiettivo di monitorare lo stato di salute del nostro mare orientale. In campo ci sono studiosi dell’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova, del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche e del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova.
Dopo l'alto e il basso Tirreno, analizzato in due campagne precedenti, ora è dunque la volta dell'Adriatico centro-meridionale che sarà perlustrato fino al 10 luglio con tappe nel Conero, in alcune aree marine protette già esistenti, in diverse zone colpite dall’inquinamento da plastica (come la foce del fiume Pescara) e altre aree soggette a impatti inquinanti o limitrofe a grandi centri urbani. 
 
«L'Adriatico – ci spiega Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna inquinamento di Greenpeace – è un mare particolare, teatro di trivellazioni, fortemente impattato dalla pesca industriale intensiva e dall'afflusso di plastiche portate dai grandi fiumi, che ospita però anche diverse aree marine protette come quella di Torre Guaceto, nel brindisino, quella di Torre del Cerrano, nei pressi di Pescara, a cui si potrebbe aggiungere l'area protetta del Monte Conero, la cui istituzione è attualmente in fase di discussione».
Le aree marine protette infatti sono parte della soluzione perché fondamentali nel mitigare l'impatto delle attività antropiche e quelle del cambiamento climatico in mare, che saranno altresì oggetto di misurazione nel corso della missione condotta dalla nota associazione ambientalista.
«Da tempo – puntualizza Ungherese –  abbiamo avviato il progetto "Mare Caldo" che, basandosi sui dati registrati da termometri fissi posizionati a differenti profondità va a misurare le variazioni di temperatura in Mediterraneo dove ormai proliferano le mucillagini  e specie un tempo estranee ai nostri mari».
 
Una situazione incontrovertibile? Non esattamente, perché le ricerche hanno dimostrato che laddove sono presenti misure di tutela e conservazione idonee, come per esempio a Pianosa, nell'Arcipelago toscano, gli effetti dei cambiamenti climatici sulle comunità delle specie viventi riescono a essere mitigati. 
«Ciò significa – conclude Ungherese – che la conservazione del mare che costituisce i tre quarti della superficie terrestre, è di fondamentale importanza. Ma per ottenere un'azione efficace occorre cambiare politica industriale. Combustibili fossili (petrolio e gas) e plastica sono facce della stessa medaglia, figlie dello stesso sistema di produzione. Se non agiamo immediatamente a partire da un cambiamento radicale degli attuali modelli industriali, nel  2050 la quantità di plastiche presenti nel nostro pianeta sarà triplicata. Le indagini che stiamo conducendo in Adriatico hanno l'obiettivo di raccogliere dati che ci consentiranno di fare delle controproposte alla politica laddove si può intervenire immediatamente».
 

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