La nave scuola francese, ex Giorgio Cini, presenta una grave corrosione allo scafo. In corso uno studio approfondito per valutare gli interventi finalizzati alla sua messa in sicurezza
Il Belem è uno dei pochi brigantini a vela ancora naviganti. Varato nel 1896 nei cantieri di Dubigeon di Nantes (Francia) come mercantile per il trasporto di zucchero tra l’America del Sud e i Caraibi, ha conosciuto collisioni, naufragi ed epidemie.
Prima della Grande Guerra, la nave lunga 59 metri e pesante 750 tonnellate, fu impiegata sulla rotta Atlantica tra la Francia e la Guyana, quindi per crociere in Mediterraneo fino al 1939 quando, disarmata, fu confinata sull’Isola di Wight, in Inghilterra.
Nel 1951 Belem fu acquistata dal conte Vittorio Cini, ribattezzata Giorgio Cini (in memoria del figlio scomparso in un incidente aereo), e trasformata in nave scuola per l’omonimo istituto nautico della Serenissima.
Ceduta all’arma dei Carabinieri come nave scuola, entrò in cantiere negli anni 60 e lì rimase a causa dell'impossibilità di reperire fondi necessari al suo restauro. Messa in vendita fu acquistata nel 1979 da una cordata di banche francesi che la riportarono a Brest dove per circa 10 anni fece l'altalena tra restauri ed esposizioni “statiche”. Poi l’intervento della fondazione Belem che attraverso la società Vships France di Nantes ne ha fatto una nave scuola navigante aperta al grande pubblico e capace di accogliere ogni anno migliaia di appassionati.
Costruita in acciaio, l'imponente tre alberi è tornato in cantiere il 12 dicembre per una serie di approfondite perizie che ne dovranno determinare lo stato di salute. Lo scafo presenta infatti preoccupanti segni di corrosione e una perdita di spessore delle lamiere che se superasse il 20% renderebbe improcrastinabili radicali opere di restauro. Sostenibili? Difficile dirlo.
C'è da augurarsi che quello che i francesi considerano a tutti gli effetti un vero e proprio monumento nazionale continui a navigare.
Agli ingegneri, l'ardua sentenza.