aprile2025
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Italia: tracollo delle
immatricolazioni


29-10-2024

Inarrestabile la fuga dei naviganti all'estero. E non gioveranno le timide misure introdotte nel nuovo regolamento di attuazione del Codice del diporto

Italia: tracollo delle 
immatricolazioni
Un articolo pubblicato il 24 ottobre sul Sole 24 Ore registra la fuga record dal registro nautico italiano delle unità da diporto: in tre anni abbiamo perso il 256% delle imbarcazioni immatricolate, mentre tra il 2018 e il 2022 le nuove immatricolazioni sono crollate del 77%, passando da 1.015 a 233 unità. 
 
A lanciare l'allarme è Confindustria Nautica che, conti alla mano, stima una perdita per l'erario di circa 200 milioni di euro in Iva non riscossa e 3,5 milioni in tasse di iscrizione.
La diaspora degli armatori italiani verso i registri stranieri, sottolineano gli analisti, è attribuibile principalmente a due fattori: l'eccessiva frequenza dei controlli in mare (e meno male che c'è il bollino Blu!), circa 40 volte superiore rispetto a quelli automobilistici, e i costi proibitivi delle dotazioni di sicurezza, che in Italia sono oltre il triplo di quelli del Nord Europa.
 
Il nuovo regolamento del codice nautico, in vigore dal 21 ottobre 2024, ha introdotto alcune misure volte, si dice, a invertire questa tendenza. Su tutte la possibilità per chi naviga entro le 12 miglia di sostituire la zattera costiera con il tender di bordo o, nel caso di unità pneumatiche l'esenzione tout court al mezzo collettivo di salvataggio, e la possibilità di sostituire l'Epirb con il telefono satellitare per chi veleggia senza limiti. Ma sono stati introdotti anche nuovi obblighi come le luci ad attivazione automatica montata sui giubbotti di salvataggio, lo scandaglio elettronico o manuale fino a 20 metri, la tabella dei segnali visivi diurni e notturni (Colreg), il pallone nero di fonda per unità superiori a 7 metri, l'imbracatura di sicurezza da ponte con nastro di sicurezza per le unità a vela, il Vhf con Dsc (per usare il Dsc occorre sostenere un esame) e il Gps per chi naviga oltre le 12 miglia dalla costa, più tutta una serie di anche ragionevoli dotazioni raccomandate.
 
Insomma non ci sembra una rivoluzione. E a tutela dei produttori delle zattere di salvataggio già vocifera di possibili controffensive normative a mezzo di specifiche Ordinanze delle Capitanerie di Porto volte a limitare gli effetti delle nuove disposizioni.
 
C'è poi il grande tema della nuova certificazione per i natanti da diporto italiani che navigano in acque territoriali straniere e per i quali il Ministero dei Trasporti aveva introdotto, con il decreto Made in Italy di dicembre 2023, una nuova certificazione che mirava a regolamentarne il riconoscimento della proprietà e della nazionalità all'estero.
 
È passato quasi un anno e, a fronte di una serie di adempimenti burocratici, ancora non si è capito che tipo di documento sarà prodotto (una targa? un foglio da conservare a bordo?), né che esito avrà. Non esiste infatti alcun accordo bilaterale con i paesi confinanti che ne sancisca la validità.
 
E non è neppure chiaro a che costi andranno incontro i proprietari, in particolare quelli di unità non marcate CE, i quali oltre alla dichiarazione di costruzione o importazione (da richiedere a Confindustria Nautica), dovranno produrre un certificato di omologazione con dichiarazione di conformità o a un'attestazione di idoneità rilasciata da un ente notificato (da pagare in base a tariffe che non ci risulta siano state uniformate). 
Fatto sta che chi ha un natante preferisce spesso immatricolarlo all'estero, magari in Polonia, così da avere garantita la possibilità di certificarne la proprietà e varcare le frontiere.
 
Alla luce di tutto ciò dubitiamo, insomma, che il ritocchino alle dotazioni di sicurezza avrà l'impatto che viene sbandierato contro la fuga all'estero dei diportisti. Nel nostro paese chi va per mare resta un bersaglio e se lo può fare scappa a gambe levate. 
 
 

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