Naufraghi del “Cheeki Rafiki”:
riprendono le ricerche
Dopo l'appello dei familiari e la petizione lanciata sul web firmata da 200.000 persone, la Guardia Costiera statunitense prosegue la ricerca dell'equipaggio del First 40.7 disperso in Atlantico.
Il potere dei social network utile anche in caso di naufragio. Nel giro di 72 ore sono state raccolte nel web 200.000 adesioni alla petizione che chiedeva di riprendere lunedì 21 maggio le ricerche dell'equipaggio del First 40.7 “Cheeki Rafiki” (12 m) naufragato venerdì scorso in oceano Atlantico a causa della perdita della chiglia. I dispersi, Paul Goslin (56 anni), Andrew Bridge (22), Steve Warren (52), e James Male (23) erano di ritorno nel Regno Unito dopo aver partecipato a una regata ad Antigua (Caraibi); quando si trovavano a 1.000 chilometri al largo di Cape Cod, sulla costa Nord Est degli Stati Uniti, hanno iniziato a imbarcare acqua. A lanciare l'allarme è stata la nave container “Maersk” che il giorno successivo aveva avvistato il relitto. Da quel momento la Guardia Costiera statunitense ha passato al setaccio quel tratto di oceano per 53 ore, senza alcun risultato, dopodiché avendo superato le 20 ore stimate come tempo di sopravvivenza per chi naufraga a quelle latitudini, aveva interrotto le ricerche.
A quel punto i parenti dei naufraghi si sono messi in moto e sono riusciti a coinvolgere i media britannici e la comunità internazionale della vela chiedendo di firmare un appello alle autorità statunitensi per riprendere le ricerche dei dispersi, probabilmente in lotta per la sopravvivenza a bordo della zattera di salvataggio in qualche parte di oceano. In 200.000 hanno firmato la petizione e la Guardia Costiera ha fatto un passo indietro ammettendo l'errore di valutazione e ha ripreso le ricerche. Speriamo non sia troppo tardi.
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