Giovanni Sartini firma l'appassionante storia dell'azienda di famiglia, il cantiere che dal 1961 al 1983 rivoluzionò la nautica da diporto in Italia
Il cantiere Sartini di Cervia è stato per oltre due generazioni un luogo seminale per la nautica da diporto nel nostro Paese.
Fu fondato da Giuseppe, detto Peppino, nel 1961 poi affiancato dai figli Emilio e Paolo. Dalla lungimiranza e dalla maestria nel lavorare il legno dei tre, nacquero prima alcuni esemplari di Snipe, poi i celebri Passatore, Arlecchino, Azdor, Corsaire, Mousquetaire, Muscadet, Pagadebit, etc. Ciò grazie anche alla capacità della famiglia Sartini di avviare relazioni proficue con protagonisti della vela e della progettazione nautica come Cino Ricci, Uccio Ventimiglia, Jean Marie Finot, Jean-Jacques Herbulot, Franco Sciomachen, Ellero Tamburini, Nicola Belardi, Sandro Mattioli, Laurent Cordell e diversi altri.
Un successo che fu il preludio, ma anche il motore della diffusione della nautica da diporto in Italia e non solo. E che tuttavia cominciò a vacillare nel 1975 quando, con la crisi petrolifera seguita all'embargo dell'Opec del 1973, e le conseguenze che ne derivarono in termini di inflazione e crisi economica portarono le banche a chiudere i rubinetti costringendo il cantiere alla chiusura. Salvo poi essere riaperto nel 1976 da una cordata di industriali ravennati che ne rilevarono il marchio richiamando in sede Peppino ed Emilio. Un idillio che tale non fu, né con i Sartini né con le maestranze, e che si concluse nel 1983, poco dopo il varo di Novella, l'ultimo Passatore costruito.
La storia di uno dei più rivoluzionari cantieri italiani è ora raccolta nel libro Mani, cervello e cuore (Il Ponte Vecchio, 152 pagine, 16 euro), firmato da Giovanni Sartini, figlio di Emilio e anche lui cresciuto tra i trucioli e da oltre 20 anni membro attivo dell'associazione La Congrega del Passatore. Una lettura appassionante e coinvolgente di uomini, barche e aziende come non ce ne sono più.